Se ti avessi detto
che non eravamo soli nel cielo
del ghetto,
tu mi avresti parlato dei gattini
che con le zampe legate
morivano nei tuoi sogni.
Lo so perché ho vegliato tutta la notte
avvolta in uno di quegli abbracci che non toccano
e perché non era yiddish o knaanic o polacco
ma la nostra propria lingua
in un codice strano
ciò che le tue labbra mormoravano.
Traduzioni di Francesca Marcozzi
(si ringraziano l’autrice e Benedetta de Mari per la collaborazione)